Un altro torneo OLD con i miei compagni. Passa il tempo, le emozioni restano.
Nuovi amici si sono aggiunti al gruppo. Teste diverse da mondi diversi. Mi diverto ad osservare il loro modo d’integrarsi, come ho fatto io solo un paio d’anni fa.
Lo stupore è la prima cosa, lo sguardo interrogativo e vagamente perso di chi cerca di capire se quell’ambiente sereno e scanzonato è solo una facciata o se veramente è così. Pochi allenamenti e ogni dubbio è sciolto, ogni timore svanito, il gruppo accoglie di cuore i nuovi arrivati e anche loro, come è capitato a tutti noi, lo sentono. Si smorzano gli eccessi dei più esuberanti e sparisce la timidezza nei più riservati. Rimane il divertimento dello stare insieme e la fierezza di far parte della squadra.
Sam, uno degli ultimi arrivati, sabato ha fatto il suo primo torneo insieme a noi. Ha indossato con orgoglio per la prima volta la maglia degli OLD LOVERS ed è sceso in campo. Nella sua prima partita una brutta botta alla testa lo ha fatto quasi svenire. Dopo il trasporto in ospedale e gli esami di routine si è capito che fortunatamente non c’era nulla di grave. Capita nel rugby. É capitato anche che tanti compagni di squadra abbiano rinunciato al terzo tempo per fare sostegno quando serve davvero. Dall’ospedale arrivavano aggiornamenti continui sull’evolversi della situazione. A tutti noi che eravamo ancora al campo si è allargato il cuore quando ci è arrivato questo messaggio “in ospedale volevano tagliargli la nostra maglia per gli esami e lui gli ha detto di non pensarci nemmeno. Hanno dovuto trovare un altro modo. Di diritto negli annali dei Lovers”.
Mi sono chiesto spesso dove nasce questo sentimento di appartenenza così forte. Siamo tutti adulti, più che adulti in alcuni casi, ormai dovremmo saper gestire questo tipo di emozioni. Ma non è così, personalmente mi sento felice come un ragazzino quando gioco e posso capire la grandiosa risposta di Sam all’infermiera col forbicione.
Siamo Old di fuori e bambini dentro. Siamo la risposta a chi vorrebbe la vitalità del ventenne e l’esperienza del cinquantenne.
Siamo il meglio di quel che siamo.
Siamo rugbysti.